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29/12/2010

Analizzo parte della sterile arringa difensiva di Tiscali (non è dato sapere chi sia l’eletto che ha rilasciato queste dichiarazioni):

  1. per ciò che concerne i tagli, tecnicamente l’affermazione è corretta: non sono previsti tagli. Infatti non verranno effettuati licenziamenti, ma non saranno previste ulteriori proroghe dei contratti. Qualora l’azienda dovesse aver nuovamente necessità di lavoratori, nessuno verrà ricontattato, nonostante gli anni di esperienza acquisita. Per certo sappiamo che i circa venti interinali superstiti termineranno di lavorare il 31; per i colleghi con contratto Tiscali Contact si vocifera che il loro rapporto di lavoro cesserà a febbraio. Ma lo stillicidio degli interinali è iniziato da luglio: di mese in mese, dalle 10 alle 20 persone dovevano rimanere a casa. Molti di loro provenivano e provengono da Entu Estru (altri da Inextra, altra outsourcer Tiscali), dove anche li, dopo anni di servizio, hanno subito questa identica sorte, con le stesse motivazioni.
  1. per quanto riguarda gli oltre 200 internalizzati, di cui non posso confermare i numeri, ci si dimentica di indicare che non tutti i 200 prestano ancora servizio in azienda; parte di loro, nonostante abbiano prestato servizio per svariati anni presso l’oursourcer Omnia, non hanno superato il periodo di prova previsto nel contratto.

Personalmente questa internalizzazione m’è parsa più una bella trovata pubblicitaria, considerando che è stata annunciata in diretta durante la puntata di Annozero del 07/01/2010 (minuto 19:10).

Concludo con un deja vu:

Io credo che Tiscali non lascerà a casa nessuna persona

Renato Soru a Che tempo che fa, 07/12/2008 (minuto 05:96)

Tiscali in crisi: Soru licenzia 250 lavoratori

Il Giornale, 22/01/ 2010

A voi le conclusioni

28/12/2010

10/12/2010

Ricevo e pubblico una lettera inviatami da una collega interinale. Ambienti diversi, ma stesse identiche storie:

Mancano soltanto 21 giorni alla fine del mese. Fa sorridere che invece di pensare al Natale imminente o al nuovo anno, io riesca a pensare soltanto alla paura del vuoto che mi lascerà dentro questa ennesima esperienza di lavoro.
Oramai sono passati gli anni in cui era sufficiente dire a me stessa “ ma sì dai, un’esperienza in più nel curriculum”. Alla fine mi ritrovo con tanti piccoli episodi lavorativi eterogenei, potrei rivestirci un vestito di Arlecchino. Non c’è quasi una logica, sembro una pazza che non sa che cosa fare e per diletto cambia luogo, mansione e qualche volta paese. La sostanza rimane la stessa, sono una disoccupata che ogni tanto riesce a lavorare. Sono una reietta della società creata dai nostri padri eppure la cosa più spaventosa, è che ora questa è diventata la nostra, una comunità di giovani già troppo vecchi per uscirne bene.
Certo ci risolleveremo anche questa volta, perché siamo caparbi e coraggiosi, anche se ci tremano le gambe, muoveremo nuovamente i nostri primi passi verso l’ignoto. Già mi rivedo a comprare i giornali e a spulciare i mille inutili annunci di lavoro. La disperazione ad ogni No o ad ogni specchietto dell’allodola infranto.
Ho 32 anni e mi sono buttata a capofitto nella convivenza pur sapendo che avrei dovuto pagare ogni mese un affitto, luce, gas, acqua, auto, nettezza e chi più ne ha…
Mio padre mi ha detto di mollare tutto e tornare a casa. Grazie, lo so che mi vuoi bene, che sarò sempre la vostra bambina, ma sono cresciuta e sono un individuo con i suoi bisogni.
Un uomo di oltre sessant’anni spaventato per il mio futuro, in pratica mi ha dato per spacciata. Non so se ridere o piangere!
Una delle frasi che mi rimbombano nel cervello, è quella che mi hanno detto le colleghe a tempo indeterminato “ bisogna essere ottimisti”. Cazzo sono ottimista di brutto se sono ancora qui!
Vi rendete conto cosa significa arrivare ogni ultimo giorno del mese con una stretta allo stomaco e sperare di ricevere un SMS verso le ore 18 che ti informa che il tuo contratto è stato prorogato fino all’ultimo giorno del mese successivo? Venticinque mesi così, impossibile non illudersi che le cose cambino e che si arriverà ad ottenere, un sei mesi di contratto che già sembra un’utopia! 21 lunghissimi giorni in cui mi vedo agonizzare con i miei compagni di sventura.
La rabbia di continuare giorno dopo giorno, a dimostrare che per noi non vale il detto “Raccogli ciò che semini” perché se ti applichi con impegno, finisce che poi credi pure in quello che stai facendo e alla causa per cui lavori e quando infine ti danno un calcio in bocca, non rimane che il dolore.
E dato che anche io sono una donna di serie B, sento anche il sapore di quello che forse non riuscirò mai ad avere ma soprattutto a dare…

by lavoratrice interinale ( conservare in luogo fresco e asciutto, tenere fuori dalla portata dei bambini, da consumare entro e non oltre il 31/12/2010)

09/12/2010

Ultimamente sembra sia diventato di moda fare degli elenchi.

Oggi voglio fare il mio:

  • Sentirsi dire «Beata, ti farai un mese di fila di ferie », quando si prospetta un mese di stop dovuto al calo del lavoro;
    • Sentirsi dire « Abbassa la voce! Chissà consa penserebbe la gente; un interinale che critica il lavoro di un fisso!»;
    • Alla richiesta di approvazione delle ferie, sentirsi rispondere «Perché le chiedi adesso, se tanto non sai nemmeno se il mese prossimo lavorerai!? »;
      da "Diversamenteoccupati.it"

    • Essere l’unica a subire un richiamo verbale dopo un alterco con un dipendente a tempo indeterminato che denigra il tuo lavoro;
    • Essere escluso/a dal bonus produttività perché riservato ai dipendenti dell’azienda;
    • Avere le stesse mansioni dei tuoi colleghi, ma ricevere 200€ al mese in meno perché, dopo quasi quattro anni, sei ancora un secondo livello;
    • Farti sempre le ferie non retribuite, perché appena riesci a maturarne una settimana, ti scade il contratto;
    • Sentirti dire « È una scelta che non dipende da me» quando chiedi al tuo responsabile se il mese prossimo avrai ancora un lavoro, nonostante abbia in mano il foglio con le nomination;
    • Sentirsi dire« Ho fatto il possibile per evitarlo» quando, dopo un anno e mezzo, sei nuovamente disoccupato/a.

    Questo è essere precari

    Donne di serie A e di serie B

    07/12/2010

    Quest’anno, per un’altra collega, il Natale è arrivato prima: anche lei è in dolce attesa.

    Mi è costato tanto apparire felice per lei e mi dispiace; mi dispiace aver provato invidia.
    Non ho mai invidiato gli altri; normalmente son sempre fiera di me stessa e, tutto sommato, soddisfatta delle mie piccole conquiste, ma questa volta è diverso. Questo è un traguardo che non dipende né dal mio impegno, né dalla mia intelligenza, né dalla mia tenacia.

    Certo, potrei prendere LA decisione alla leggera ed iniziare ad organizzarmi per diventare mamma, infischiandomene della mia precarietà, delle bollette, delle rate.
    Potrei rimandare a poi il pensiero di come arrivare alla fine del mese; dopotutto in casa almeno uno stipendio sicuro c’è.

    Ed eccola la speranza, sempre lei, che si insinua al minimo ritardo; speri in una leggerezza, per sentirti meno colpevole. Perché sai che saresti un’incosciente a programmarlo, ma se dovesse capitare…

    Poi prevale la razionalità e ti ricordi la tua promessa: i tuoi figli non conosceranno mai la povertà che hai vissuto da bambina.

    Allora abbozzi un sorriso davanti alle future mamme, mentre il tuo responsabile ti raccomanda di non uscire la sera, per evitare di prender freddo e non rischiare di ammalarti.
    Ti guarda tutto sorridente, mentre ti dice che saresti una risorsa in meno e sarebbe un casino gestire il settore.
    Lo guardi negli occhi e seccata gli dici  «Potrei rimanere anche io incinta!»
    Lapidaria è arrivata la sua risposta «Ma tu non puoi…».

    La precarietà distingue le donne in due categorie: quelle di sere A e quelle di serie B

    Cronaca di un licenziamento annunciato

    01/12/2010

    “State buoni, tornate a casa! Sì, siete dei precari, ma tanto tra due tre mesi vi riassumiamo ancora; vi daremo il posto.
Vanno a casa e stanno tutti buoni. Abbiate speranza… Mai avere la speranza! La speranza è una trappola. E’ una cosa infame inventata da chi comanda”
    (M.Monicelli)

    Ed è stata la speranza che, il 1° luglio 2009, ha fatto illudere me ed altri colleghi,  alcuni arrivati in azienda anche prima; gran parte di noi provenivano da un outsourcer.
    Ennesima chiamata da parte di un’agenzia interinale; proroghe di mese in mese che ci hanno portati sino al 29 novembre. Sono passati quasi 17 mesi.

    Che le cose non andassero bene l’annusammo ad aprile, con l’incertezza del rinnovo ed una proroga di pochi giorni. Ma il lavoro non c’è e a 30 anni, per le aziende, sei già vecchia. Ed è così che stringi i denti e vai avanti.
    Dai il meglio, perché speri ancora che esista la meritocrazia. Dai il meglio perché così ti hanno sempre insegnato; il lavoro devi meritarlo. E, nonostante il tuo livello contrattuale sia inferiore alle tue mansioni, nonostante ti ricordino costantemente che il tuo stipendio è in bilico, nonostante il Grande Capo sostenga che fai parte di un popolo di fancazzisti (gli interinali), benché tu contribuisca attivamente al funzionamento dell’azienda, ai suoi guadagni, vai avanti. E speri.

    da "Diversamenteoccupati.it"La situazione precipita a metà novembre, quando voci di corridoio parlano di tagli, di riduzioni, di licenziamento.
    Che si sarebbe arrivati a questo epilogo, già lo sapevo. L’avevo sempre saputo, dal 1° luglio 2009. Ma avevo anche la speranza.
    L’esser stata precedentemente cessata, perché così vieni chiamata quando non firmerai più proroghe, dopo 20 mesi di lavoro interinale presso l’outsource, non era stato sufficiente per farmi capire che nulla sarebbe cambiato; per farmi disilludere. No. Sotto sotto, ci speravo.

    Nessuno si degna di farci avere una comunicazione ufficiale. Continuano le promesse; le bugie. Forse temono una sorta di ammutinamento; ancora non capisco cosa porti le persone a negare l’evidenza.
    L’unica speranza per avere ancora un lavoro, è un contratto di sostituzione maternità, ma l’ennesima illusione durerà ben poco. All’inizio, la solita voce di corridoio ci fa sapere che il Grande Capo ha stabilito che mai verremo chiamati al posto di qualche futura mamma, perché l’azienda rischierebbe altrimenti di doverci assumere. Poco dopo, scopro che quell’agognato contratto è già stato riservato alla solita amicizia di Tizio o Caio perché, nonostante non abbia competenze, nonostante non conosca il mio lavoro né la mia mansione, quella persona ha più diritto di me di avere un contratto in nome dell’amicizia. Quella giusta.
    Quella che io non ho.

    Passano così i giorni; c’è chi si lamenta perché un uomo morto che cammina batte la fiacca. Di mio, revoco la disponibilità al presidio aziendale per fine anno; in un primo momento sembra quasi abbia tradito l’azienda. Non credo che le mie motivazioni siano state comprese appieno. La risposta è “non dovresti fare così; c’è speranza“.
    Nel mentre, in azienda, arrivano loro: gli stagisti. Saranno loro a sostituirci.
    Scopro così che c’è chi avrà meno diritti di me. Forse avranno un rimborso spese di 200€; forse solo dei buoni pasto. Forse, anche loro, avranno la speranza.

    Nasce così Cronaca di un licenziamento annunciato; un countdown verso la disoccupazione.